martedì 27 maggio 2008

IL CODICE, LA GENESI DELLE LINGUE

GLOTTOLOGIA
Le lingue si possono vedere come un continuum storico,(dalla Preistoria ecc.), che rifonda la sua identità di volta in volta assumendo riferimento a :
una comunità di parlanti; un popolo; un gruppo di popoli;
Gli Arabi dell’era islamica ossia quei popoli che abitarono prigioni sottomesse all’islam. Nel riferimento ad una nazione abbiamo come esempio l’intera Europa, a partire dall’era napoleonica. Più in generale la situazione dopo la seconda guerra mondiale, che avviene su scala globale. Perciò è difficile per l’uomo contemporaneo capire come sia nato il linguaggio, visto che le lingue attuali somigliano ai linguaggi primitivi non di meno che un grattacielo somiglia ad una caverna.
Non è un caso se la società di linguistica di Parigi dal 1866 decise di non accettare più comunicazioni sulle origini del linguaggio. Un confronto possibile è stato fatto con il linguaggio animale, e in particolare con quello degli scimpanzé che pare abbiano una forma rudimentale di linguaggio.
Sul linguaggio animale e umano è intervenuto Emile Benveniste (di cui ricordiamo I PROBLEMI DI LINGUISTICA GENERALE, Milano 1971-1974) dicendo che la nozione di linguaggio è stata applicata anche al mondo animale. Si sa che è stato impossibile fin qui stabilire che degli animali hanno, anche in forma rudimentale, un tipo di espressione che ha i caratteri e le funzioni del linguaggio umano. Tutte le osservazioni approfondite, fatte sulle comunità animali, tutti i tentativi messi in atto con tecniche varie per provocare o controllare una qualsiasi forma di linguaggio paragonabile a quello dell’uomo sono fallite. Non sembra che quegli animali che emettono vari suoni manifestino in occasione di queste emissioni vocali, dei comportamenti da cui noi possiamo arguire che essi trasmettano dei messaggi parlati .Le condizioni fondamentali di una comunicazione propriamente linguistica sembrano mancare nel mondo degli animali anche superiori. (pag 82)
La questione si pone diversamente per le api o, perlomeno, si deve riconoscere che essa ormai si può porre. Tutto porta a credere, il fatto è osservato da lungo tempo, che le api abbiano un modo di comunicare fra loro. La prodigiosa organizzazione delle loro colonie, le loro attività differenti e coordinate, la loro capacità di reagire collettivamente davanti a situazioni impreviste, fanno supporre che esse siano capaci di scambiare veri messaggi. Le api, infatti, appaiono capaci di produrre e comprendere un vero messaggio che racchiuda parecchi dati. Esse dunque possono registrare relazioni di posizione e di distanza; possono ricordarle, comunicarle, simboleggiandole in diversi comportamenti somatici. Il fatto importante è innanzitutto che esse manifestino un’attitudine a simboleggiare: vi è proprio corrispondenza convenzionale tra il loro comportamento e il dato che esso traduce. Questa differenza tra i comportamenti di comunicazione scoperti fra le api e il nostro linguaggio, si riassume nel termine che ci sembra meglio appropriato a definire il modo di comunicazione usato dalle api; non si tratta infatti di un linguaggio, ma è codice di segnali. Molti caratteri ne risultano:
1 l’immutabilità del contenuto; 2 l’invariabilità del messaggio; 3 il rapporto ad una sola situazione;
4 la natura indecomponibile dell’enunciato la sua trasmissione unilaterale;
Resta tuttavia significativo che questo codice, la sola forma di linguaggio che si sia potuta scoprire fino ad ora fra gli animali, sia propria degli insetti che vivono in società.




IL CODICE
È l’insieme precostituito delle regole che consentono ad un emittente di trasmettere un messaggio ad un ricevente. La produzione del messaggio consiste in una codifica, la comprensione in una decodifica. Da un punto di vista sociolinguistico il codice corrisponde alla lingua standard, i sottocodici corrispondono alle lingue tecniche e settoriali. (Ad esempio il linguaggio della chimica, della giurisprudenza). La parola ala, per esempio, vuol dire: “organo che consente il volo degli uccelli”. Nel sottocodice sportivo del calcio, della pallanuoto significa, ciascuno dei due attaccanti di prima linea che giocano ai margini del campo.
DANZA DELLE API
Uno dei sistemi di comunicazioni più interessanti scoperti nel mondo umano è quello dell’ape da miele europea. Quest’ape di fatto è in grado di comunicare alle sue compagne la posizione di una fonte di cibo particolarmente ricca. Alcuni studiosi hanno scoperto che quando un’ape ha trovato una grossa quantità di cibo e ritorna all’alveare, essa è in grado di comunicare alle sue compagne un messaggio incredibilmente complesso. Il messaggio trasmesso è di fatto un mezzo di reclutamento che indica alle api dell’alveare fino a che distanza devono volare, in che direzione e che tipo di cibo cercare . Il messaggio dell’ape esploratrice viene comunicato mediante schemi di movimento, ossia mediante danze eseguite sulle pareti verticale dell’alveare. Vi sino due tipi di danze: CIRCOLARE e la cosiddetta danza DELL’ADDOME. Se la fonte di cibo si trova entro un raggio di 10 m dall’alveare, l’ape effettua una danza circolare. Per una distanza superiore a 100 m l’ape effettua la danza dell’addome. Nello specifico durante la danza circolare l’ape si fermerà spesso e passerà alle sue compagne, rese attente alla danza, campioni di cibo. Le principali caratteristiche della danza circolare sono: 1 )Viene usata per segnalare che la fonte di cibo è nel raggio di 10 m dall’alveare; 2) l’intensità della danza ( velocità e durata), segnala la ricchezza della fonte di cibo; 3)la fragranza che emana dal’ape danzante segnala alle nuove reclute il tipo di fonte di cibo da ricercare. La danza dell’addome: l’aspetto più sorprendente nel sistema di comunicazione è la loro capacità di indicare fonti di cibo anche a distanza superiore a 100 m. La danza consiste in due traiettorie di movimento più o meno circolari, intervallate da un tratto rettilineo durante il quale l’ape oscilla. La danza oscillante (o dell’addome), comunica le seguenti informazioni: 1) Direzione del sole; 2) Durata, distanza da coprire e infine il grado di movimento nella danza comunica la ricchezza della fonte di cibo. ( Atlante della Vallini pag 80).
GENESI Per saperne di più sull’origine del linguaggio occorre chiedersi quale sia l’atteggiamento cognitivo più affidabile: si può usare il metodo che si basa sulla comparazione delle lingue che presentano somiglianze forti nella grammatica e nel lessico con lo scopo di ricostruire la cosiddetta lingua madre. Il metodo della comparazione ci porta a risalire a qualche migliaio di anni fa, tutt’al più alle ultime fasi del Paleolitico Superiore e alle sue forme culturali evolute (Graffiti delle grotte preistoriche) grafismi convenzionali e veri e propri sintagmi quali uomo, donna, cavallo, bisonte. Vi sono poi due posizioni riguardo l’origine delle lingue: Monogenesi e Poligenesi. Un convinto assertore della Monogenesi fu lo studioso Trombetti che scrisse “Unità d’origine del linguaggio”, Bologna, 1905. In questo studio il Trombetti sostiene che la lingua madre primordiale si sia formata nel tardo paleolitico superiore in un’area euroasiatica, raggiungendo anche un certo sviluppo lessicale e grammaticale distinto in tre fasi: Periodo delle radici: le parole si presentano in forma monosillabica invariabile. Periodo dei temi: le parole si presentano con ampliamenti vocalici e consonantici. Periodo della flessione: le parole mostrano ulteriori espansioni con valore grammaticale. (N.B. Vi sono dei tentativi, ma non si trova una propria teoria del linguaggio.

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